mercoledì 4 marzo 2009

Verso la fine: in Kenia

3 marzo 2009, Kembo
Sveglia molto presto, che novità! Smonto tenda e faccio colazione, come nella prassi quotidiana. Sono gesti che ormai mi vengono automatici. Oggi altra giornata di trasferimento verso il Kenya, ormai non abbiamo più mete da raggiungere se non la destinazione finale: Nairobi.
Alla dogana con il Kenya George mi fa scrivere “holiday” sul foglio per il visto, così devo pagare 50 dollari al posto di 20. Sono nera, cerco di ribattere con il doganiere ma lui dice che non può strappare il visto sul passaporto per farmene un altro e che è un mio errore. Io gli faccio notare che ho scritto “transit visa for 2 days” sul foglio di richiesta ma lui non ne vuole sapere: lo mando a cagare in italiano e me ne vado arrabbiatissima.
Ci fermiamo in una pulciosissima e inquinata città per cambiare un po’ di soldi. Sto ancora pensando all’episodio del visto e quindi vedo ancora tutto nero.
Due cose mi rimangono impresse oggi. Quando ci siamo fermati per pranzo in una stazione di benzina un bimbo si avvicina al track. Ha una faccia triste, un muso lungo, ma ormai non è una novità dopo un mese in Africa. Lui però è più triste degli altri. Ovviamente è sporco e anche scalzo. Ogni tanto accenna alle guide un timido “Give me…” che non se lo filano di striscio. Io non potrei dargli niente ma quando stiamo per ripartire gli porgo dal finestrino un pacchetto di patatine. Il muso lungo se ne va e lascia spazio a un grande sorriso. Subito si abbuffa sulle patatine.
Nel pomeriggio vedo una donna che cammina a margine strada completamente nuda! Urla e si dimena come una matta: chissà cosa le è accaduto?
Sono le 17.00 quando arriviamo al Kembo camp site. Non è male ma aleggia una puzza di feccia. C’è un bimbo piccolo piccolo, Tanzan, avrà circa un anno, è bianco. Gattona e gioca con un alano ed è strano vedere che la sua mamma non preoccuparsi dell’igiene del bimbo.
A proposito di cose strane, in Africa è normale vedere due uomini o due ragazzi che vanno in giro mano per mano: da noi sarebbero considerati gay. Ed è anche normale vedere bimbi di 4 o 5 anni al massimo che vanno a scuola da soli, ovviamente a piedi per chilometri e chilometri. Ed è strano anche che gli africani si lamentino della loro vita misera: in tutti i paesi che ho attraversato in un mese ho visto tantissimi uomini e ragazzi bighellonare tutto il giorno, tra una partita a biliardo ed una pennichella sotto ad un baobab. Poi si lamentano che sono poveri…
Comunque passo la serata al bar tranquilla, vorrei giocare ancora un po’ con Tanzan (che nome da africano) ma è già andato a nanna. C’è ancora in giro l'alano che sta attaccato a un bassotto e non lo molla un attimo. È tenerissimo vederlo così gigante e così bistrattato da un cane mignon!

4 marzo 2009, Nairobi
Nairobi non è molto distante da qui, saranno circa 200 chilometri così ce la prendiamo con calma, almeno per una volta.
Talmente con calma che siamo costretti a mangiare presto, prima di arrivare a destinazione in città dove non ci sarebbe più possibile farlo. Ci fermiamo così in un punto panoramico della Rift Valley. Fa freddo, ora capisco perché qui girano tutti in giacca a vento!
 
Nairobi




E poi finalmente Nairobi! Non perché avessi particolare premura a vedere la città. Perché è l’ultima tappa, l’ultimo giorno qui in Africa e dopo cinque settimane da sola, comincio ad accusare i primi affanni. Quando vedo l'hotel sono contentissima. Finalmente una sistemazione decente, anzi direi più che discreta, camere pulite, piscina e internet point…
Mi sollazzo in piscina e poi mi preparo per uscire a cena. Nel frattempo arrivano le t-shirt del tour: che delusione! A parte che avevo ordinato una small rossa e mi è arrivata una medium nera, ma poi è fatta davvero male. Il percorso non è esatto ci sono paesi come la Namibia e il Botswana che non abbiamo visitato. É stata fatta in fretta, è tutta sbavata. Mi arrabbio un po’ per questa ennesima fregatura e dico a Takalani che qui vige un “fucking african system”.
Andiamo a cena in un ristorante locale non molto lontano dall’hotel, si può anche giocare a biliardo nell’attesa delle portate. Attesa appunto, perché ho aspettato più di un’ora per avere un misero hamburger con patatine: “Relax, this is african time” mi dicono! Ok sono in vacanza è vero, non dovrei mettere da parte lo stress e la fratta che caraterizzano gran parte della mia vita, ma io ho fame!
Poco dopo cena ce ne torniamo in hotel. Saluto George e lo ringrazio. Takalani passa in camera mia per ritirare il questionario della Drifters e con quello gli lascio anche tutto ciò che sono riuscita a raccimolare dalle banconote che ho avanzato nei vari paesi. Ci aggiungo anche 2 dollari. Non è molto ma è tutto quello che mi è rimasto per la sua mancia. Mi scuso per questo e lui gentilmente mi dice di non preoccuparmi e che la cosa più importante per lui è il suo lavoro. Poi aggiunge che nessuno gli ha dato niente! Nessuno!?!? Mamma mia quanto mi dispiace, avrebbe dovuto prendere per un viaggio simile almeno 500 dollari di mancia… e invece siamo rimasti tutti al verde. Comunque Takalani mi sembra affranto o forse è solo distrutto dalla stanchezza. Lo abbraccio e lo ringrazio tanto per il suo prezioso aiuto.

5 marzo 2009                                                        
Mi sveglio nella mia camera, niente tenda, niente animali, mi sembra tutto così strano. Vorrei dormire di più ma non ce la faccio, ormai ho preso i ritmi africani. Faccio colazione, cercando di mangiare il più possibile perché sto per finire i soldi e non sono sicura di riuscire a mangiare anche a mezzogiorno. La colazione anche se buona non è abbondantissima. Ritorno in camera, mi rilasso, faccio una doccia, preparo i bagagli e lascio la stanza. Poi però non ce la faccio a resistere senza a mangiare, ho troppa fame! Così decido di usare la carta di credito vado a spizzicare qualcosa al ristorante. Spizzicare…ho mangiato fino allo scoppio!
Appena finito il pranzo sento parlare in italiano: è una signora, Paola, 52 anni, toscana, vive qui da 14 anni e lavora in questo hotel come consulente gastronomica. Ha vissuto anche a Sondrio, in via Scarpatetti... I casi della vita!
É simpatica, alla buona, un po’ egocentrica e secondo me, qualche balla l’ha sparata. Dice che qui in Kenya è famosa per il suo lavoro e che tutti la cercano. Dice di aver ricevuto riconoscimenti anche da Palazzo Chigi per aver portato la cucina italiana nel mondo. Sarà ma se è così tanto richiesta come si decanta, perché lavora in questo hotel? Certo è carino, ma non è di certo un 5 stelle lusso… Comunque non mi interessa anche se mi dice bugie, mi è simpatica ugualmente e passo una buona oretta in sua compagnia.
In seguito vado a controllare la mia posta in internet, mi assicuro che il volo non sia stato cancellato. Nella schermata non appare ancora niente ma ho visto che quello per Londra di stamattina è stato eliminato: speriamo che non si ripeta la stessa trafila dell’anno scorso!
Alle 19.20, puntuale come uno svizzero, arriva a prendermi l’autista dell'agenzia dove ho prenotato il transfer. Il traffico di Nairobi è pazzesco, vince il più forte, questa è la regola!

Giungo in aeroporto tranquilla, il volo c’è ed è in orario. Passo ben tre controlli doganali in cui nell’ultimo mi viene saccheggiata tutta la borsa contenente l’apparecchiatura fotografica. Il tipo sembra non aver mai visto una fotocamera digitale. La pende, la gira e rigira, la scruta. Mi fa anche accendere la videocamera e poi si mette a leggere il frasario di italiano–inglese.   
E poi finalmente il decollo. Dormo per sei ore di fila. L'Africa pesa.

Il tour overland Transafricana con la compagnia Drifters (www.drifters.co.za) è costato in totale ca. 2300 euro compreso volo ma tenete conto che per il solo volo ho ottenuto un forte sconto da un cliente. Ad oggi sò che questo tour con questa compagnia non è più fattibile.