martedì 24 febbraio 2009

Il paradiso si chiama Zanzibar

Un taxi collettivo ci porta al ferry di Dar per prendere il traghetto per Zanzibar. Takalani si ostina a starmi vicino, sono al limite della sopportazione. Appena aprono l’accesso all’esterno mi ci precipito con la voglia di prendere un po’ d’aria fresca. Due ore abbondanti ci portano a Stone Town, dove alloggiamo al Flamingo Guesthouse, che proprio non è il massimo ma è pulito e poi ci stiamo solo per una notte. Ci sono almeno 45° C, così mi dice la nuova guida locale. Sto morendo, non ho mai sofferto così tanto il caldo. Visitiamo la Chiesa Anglicana con l’annesso mercato degli schivai, dove tenevano in piccole e buie celle almeno 50 persone.
In seguito facciamo un giro per la città vecchia. La città sorge su una penisola triangolare sulla costa occidentale dell'isola ed è caratterizzata da un labirinto di vicoli ricchi di case, negozi, bazar e moschee. Ci si sposta a piedi, in bicicletta o in moto; le automobili sono inutilizzabili nella maggior parte delle vie interne, troppo strette. È tutto fatiscente ma mi attrae molto. Incontro tantissimi italiani. È un posto pieno di negozietti per turisti che vendono tutti le stesse cose.

Stone Town
2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati
Stone Town
2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati
Stone Town
2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati



Le “two ladies” si sono presentati nella hall dell’albergo a torso nudo e si sono stupiti tanto quando Angem gli ha chiesto di mettersi una maglietta: ma non sanno che si trovano in un paese musulmano?
Ci concediamo un aperitivo, siamo tutti al Africa House a chiacchierare e rilassarci sulla terrazza. L’ambiente è ideale per guardare il sole che va a morire nel mare.
Per cena ci spostiamo ai giardini sottostanti dove ci sono decine di venditori ambulanti che vendono dal pesce alla carne, dalla pizza alle patatine. Prendo 2 spiedini di gamberoni e patatine: tutto ottimo.
Siamo tutti stanchi e dopo una piccola bevuta sempre all’africa House ce ne torniamo tutti nei nostri loculi.

23 febbraio 2009                                        
La sveglia è libera ma mi alzo lo stesso presto. Il caldo soffocante di questa notte non mi ha fatto chiudere occhio. Avevo persino paura ad attivare la ventola perché mi sembrava che rimanesse attaccata al soffitto per grazia di Dio e quindi l’ho accesa solo verso le 6 di mattina quando ero comunque più vigile. Passiamo la mattinata tra il mercato del pesce di Stone Town e il tour delle spezie. É stato interessante assaggiare sapori diversi dai miei usuali e i frutti della vegetazione locale. Purtroppo ha cominciato a diluviare! Ho comprato la “lemon grass” per fare il the, un’erba eccezionale anche se a prezzi proibitivi per il luogo (3 dollari a sacchetto!).

Nel primo pomeriggio arriviamo a Nungwi, al nord dell’isola. In un primo momento quando vedo il mio bungalow mi viene da piangere, quando mi servono al ristornate mi viene da piangere ancora di più. Penso che sia solo il nervosismo che mi prende, lecitamente, in questi giorni. Poi dopo un paio d’ore passa tutto, mi rilasso e tutto mi sembra magnifico.
Questo grande villaggio, annidato tra boschetti di palme all’estremità settentrionale di Zanzibar, è un centro di costruzione dei “dhow” e una delle principali destinazioni turistiche dell’isola. É anche la località dove tradizione e modernità si scontrano con maggiore evidenza. Sulla splendida spiaggia di sabbia bianca i pescatori siedono all’ombra a riparare le reti e i pesci pescati il mattino sono messi a seccare su linde rastrelliere di legno; sotto gli abili colpi di ascia dei carpentieri che costruiscono i dhow, un mestiere vecchio di secoli, le assi rozzamente tagliate tornano lentamente a nuova vita. Tuttavia, se vi allontanate di qualche passo dalla spiaggia entrerete in un mondo completamente diverso, con musica a tutto volume, internet bar, una serie piuttosto eterogenea di guest house l’una vicina all'altra e una decisa atmosfera di festa.
Nel tardo pomeriggio faccio una capatina all’internet point e poi di corsa in spiaggia a fare il bagno. L’acqua azzurra anche se non pulitissima è calda.

Zanzibar, Nungwi
2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati
il "dhow" la tipica imbarcazione di Zanzibar2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati

Alle 20.00 dopo un piccolo aperitivo sotto al patio delle nostre stanze, andiamo a mangiare in un locale sulla spiaggia: che figo non lo avevo mai fatto! Mangio calamari, barracuda e patatine, il tutto non è per niente male. Poi la spiaggia si riempie di gente, sembrano un po’ tutti figli dei fiori, seduti sulla sabbia a guardare il mare che si ritira e le stelle che brillano in cielo. Qualcuno fuma canne, l’odore forte si propaga nell’aria ma nessuno sembra farci troppo caso. A proposito sull’argomento droga: nel pomeriggio Takalani mi prende da parte e mi dice che quando andremo al villaggio mi si avvicinerà gente nel tentativo di vendermi roba. Dice di non comprare assolutamente nulla da loro perché molte volte sono poliziotti in borghese. Dice anche che se avessi mai bisogno di “qualcosina”, non essere timida e chiedere a lui che vedrà se potrà aiutarmi. Wow, ho una guida-pusher!


24 febbraio 2009                                                
Takalani bussa alla mia porta perché devo andare a fare colazione e poi snorkeling. Saluto Bianca che se ne torna a Johannesburg, questo è stato il suo ultimo viaggio da guida turistica, da domani inizierà un nuovo e totalmente diverso lavoro.
Alle 9.00 si parte l’avventurosa giornata di snorkeling che in sé dura più o meno mezz’ora, ma ci tiene impegnati tutto il giorno. Due ore per andare e altre 2 per tornare, più un’oretta di stop per il lunch su una spiaggia deserta mangiando pesce e tonno. All’andata ci siamo imbattuti in una tempesta tropicale che mi ha completamente lavato anche se mi trovavo sotto la tettoia dell’imbarcazione. La barriera corallina è stata abbastanza deludente, quella del Mar Rosso è in assoluto la migliore. Insomma l’escursione è stata una sola come solo quelle i locali sanno darti. Mi sono comunque divertita e ho conosciuto un gruppo di Avventure nel Mondo, lo stesso gruppo che da mesi tenevo d’occhio in internet perché avrei voluto partecipare al loro tour: le coincidenze della vita!


L'isola deserta dove abbiamo pranzato dopo lo snorkeling2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati

La compagnia m’invita a cenare con loro ed io accetto più che volentieri. Takalani si autoinvita ma rimane per quasi tutta la sera in disparte senza dare fastidio a nessuno. Un po’ mi spiace per lui ma sapeva bene a cosa sarebbe andato incontro; ha vissuto direttamente sulla sua pelle il problema della lingua, l’essere semi-escluso dalle conversazioni, l’essere emarginato. Ma non sembra farsene un grosso problema. Mi osserva attentamente, saprò solo in seguito che il suo scopo era quello di utilizzare questa occasione per capire il mio comportamento e il mio reale carattere quando mi trovo con persone che parlano la mia stessa lingua. La sua conclusione è che sono una persona sorprendentemente gradevole, splendida quando sorrido e socievole. Grazie, che novità! Tornando alla cena, mangio uno squisito polpo con patatine e passo una piacevole serata. Poi ci raggiungono le 2 ladies ed un altro ragazzo danese che si sono dati appuntamento con il gruppo italiano per andare a guardare tutti insieme la partita di calcio Roma-Arsenal. Io però sono stanca e decido di tornare in camera. Takalani non mi lascia tornare da sola e mi vuole accompagnare a tutti i costi e visto l’ambiente notturno del paese direi che accetto volentieri e lo ringrazio. Mi vuole offrire una birra al bar della spiaggia ma io rifiuto e declino l’invito anche per il massaggio che mi propone. Comincio a pensare che sia cotto di me o che sia fortemente in astinenza!




25 febbraio 2009        
La giornata inizia con una lunga passeggiata sull’interminabile bagnasciuga di Nungwi e poi prosegue tranquilla tra spiaggia e bar. Oggi totale relax, non faccio assolutamente nulla. Takalani mi sta attaccato al culo e la cosa comincia a darmi veramente noia: così tanto che a cena appena finisco di mangiare pago il mio conto e mi rintano in camera mia. Voglio stare da sola. Sarà anche perché continuo a pensare al Gio, oggi è l’anniversario della sua morte e io non riesco proprio a smettere di pensare a lui. Cerco di non piangere ma a volte mi viene difficile. Me ne vado a letto totalmente vuota.

Zanzibar, Nungwi
2009 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati


26 febbraio 2009       
Inizio la giornata bombardata di messaggi di Stefano che mi assilla, oggi sono intollerante verso chiunque! In mattinata lasciamo Nungwi per dirigerci nello stesso pulciosissimo posto dell’altro giorno per il pranzo. Evidentemente Angem ha una bella percentuale per i turisti che porta in questo buco.
Alle 13.00 parte, secondo l’orario africano, il traghetto. La traversata passa abbastanza velocemente tra una pennichella ed un poco rassicurante film su una famiglia che fa un safari e tutti vengono sbranati dai leoni: ottimo direi visto che i prossimi giorni li passeremo proprio facendo safari!
Arriviamo allo stesso campeggio di Dar Es Salaam, ributto giù la mia maledetta tenda (mai montata così male) e mi faccio una doccia perché oggi ne ho proprio piene le palle!
Sono incazzata con il mondo anche se nessuno mi ha fatto alcun torto, sono triste, sono angosciata… sono semplicemente sola e probabilmente nel momento più sbagliato dell’anno. É stata una mia scelta allontanarmi dalle persone che amo per celare quel lato del mio carattere che più odio e non riesco a controllare: fingere che tutto va bene non serve a nulla. Quando si è disperati e tristi bisogna piangere e sfogarsi. Punto e basta.

Continua a leggere... Il racconto di viaggio prosegue nel prossimo post!

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