Ci alziamo di buona ora e andiamo a far colazione in un locale del villaggio. Seba vedendosi arrivare solo una misera tazza di the esclama sconcertato e in uno stentato e appena abbozzato inglese: “But...only this?” Tom ridendo lo rassicura, dicendogli di aver un poco di pazienza. I thailandesi non sono stressati come gli occidentali, take your time. Da qui sarà soprannominato Eat Machine.
DOI INANTHON NATIONAL PARK
Situato in Provincia di Chiang Mai, il Doi Inthanon National Park comprende la montagna più alta della Thailandia, il Doi Inthanon. Caratterizzato da sentieri escursionistici, cascate e due monumentali stupa eretti in onore del re e della regina, il Phra Mahathat Naphamethanidon e il Nophamethanidon per celebrare il loro sessantesimo compleanno, il parco è una delle destinazioni del sud est asiatico più amate dai naturalisti e dagli appassionati di birdwatching. I pendii più elevati ospitano inoltre una grande varietà di specie di orchidee, licheni, muschi, più di 400 specie di uccelli, il cervo abbaiatore, lo zibetto indiano e lo scoiattolo volante gigante.
La passeggiata nella jungla si rivela difficoltosa per noi che non siamo molto abituati all’attività fisica. Lasciamo 20 immeritati bath di mancia ad una guida che si limitava a sorridere (d'altronde siamo nel paese del sorriso!) e a indicare con un dito ora questo ora quello. Neanche una parola d’inglese, nemmeno “attention.”
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Il Phra Mahathat Naphamethanidon Foto joegraphic © Tutti i diritti riservati |
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Foto joegraphic © Tutti i diritti riservati |
Un’altra ora di guida e ci fermiamo in uno sperduto negozio per gustare un tradizionale the e acquistare chissà quali strani generi alimentari. Seba, ormai abituato a contrattare, vuole barattare perfino per una pacchetto di the, ma ne viene persuaso quando Tom gli fa notare che non sta comprando una t-shirt o una sciarpa di seta al mercato... Totale imbarazzo per tutti.
E FINALMENTE MAE HONG SON
Dopo le mie infinite insistenze eccoci arrivati alla sonnolenta Mae Hong Son, meglio definita da Tom come “The city of nothing”, il che è tutto un dire. Avendo constatato con i miei occhi che la cittadina, seppur graziosa, non offriva granchè eccezion fatta per un buon ristorante per pranzare, decidiamo che la cosa migliore sarebbe stata andare a visitare il villaggio della tribù Karen Bwe. La tribù che vive nella remota regione montana dello stato Kayan, è meglio conosciuta come “le donne giraffa”.
Il popolo dei Padaung è una tra le etnie più misteriose e affascinanti dell'intero Oriente. Il nome padung in lingua birmana significa "lungo collo". Un'antichissima tradizione non ancora del tutto abbandonata, vuole che le donne debbano avvolgere attorno al collo una lunga e pesante spirale d'ottone. Questo particolare ornamento è composto da due parti distinte. Quella inferiore, che ricopre in parte le spalle, mentre la parte superiore è formata da una lunga spirale che avvolge il collo. Già in tenera età, nel corso della "cerimonia del plenilunio", alle bambine vengono imposte spirali d'ottone alle braccia e le caviglie, quindi vengono sottoposte ad un vigoroso massaggio per stirare i muscoli del collo dopodiché vengono fatti loro indossare i primi tre chili di collare attorno alla gola.
Questo rito di iniziazione segna per sempre la vita delle future donne. Nel corso degli anni il collare viene poi via via aumentato di peso. Nella tradizione di questo popolo il monile non solo conferisce agli occhi dei membri della tribù un particolare fascino a chi lo indossa, ma anche prestigio sociale e morale. Senza di esso la tradizione rendeva improponibile sia il matrimonio che la maternità e irrealizzabile l'affermazione personale. Giunte in età da marito, il collo di queste donne, che nel frattempo ha raggiunto l'eccezionale lunghezza di venticinque centimetri, si trova ormai racchiuso in un collare da una decina di chili. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è il collo ad allungarsi, ma la cassa toracica, che sotto la pressione esercitata dal peso del collare, si abbassa. In passato alle spose infedeli veniva inflitta come punizione l'allontanamento dal villaggio dopo che era stato loro tolto il collare. Attribuire a questa usanza un valore puramente estetico sarebbe però un errore, questi elementi divengono segni distintivi con il preciso compito di trasmettere un'informazione e un'affermazione di sé con riferimenti unanimemente riconoscibili per quanto riguarda l'appartenenza alla propria tribù, al proprio status sociale, alla differenziazione tra donne nubili e sposate e alla protezione dai pericoli.
Tom ci porta nelle abitazioni tipiche di questo villaggio, facciamo la conoscenza di una gentile signora che ci spiega la storia di una semplice convivenza tra buddisti e cristiani.
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Le donne giraffa
2010 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati |
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Abitazione dei locali
2010 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati |
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Nel villaggio si vive comunque di turismo e artigianato |
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2010 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati |
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Fanghi e acqua benefica per rigenerarci |
Ritorniamo a Mae Hong Son dove veniamo a conoscenza del fatto che questa sonnolenta cittadina è uno dei pochi posti al mondo, dopo il Mar Morto e il Giappone, dove si possono trovare i fanghi naturali. Decidiamo di non farci sfuggire questa occasione e allora ci fermiamo in una spa fuori paese per infangarci il viso e purificarci i piedi in acqua benefica. E infine arriviamo alla sorridente cittadina di Pai, dove sia i turisti che i thailandesi si rifugiano per godere di pace e isolamento.
Ma non fatevi trarre in inganno, nel periodo di alta stagione Pai sembra più simile al mercato di fine settimana di Bangkok che a un remoto villaggio della provincia di Mae Hong Son!
Continua a leggere... Il racconto di viaggio prosegue nel prossimo post!