giovedì 3 maggio 2012

Arequipa, la città bianca

Partiamo da Puno alle 9 e con 6 ore di bus arriviamo ad Arequipa, caotica città a 2350 metri. È detta anche Ciudad Blanca, per i suoi edifici coloniali costruiti con la bianca pietra vulcanica tipica della zona, detta sillar, che riverbera la luce del sole. La città di Arequipa infatti sorge in una fertile vallata ai piedi del vulcano El Misti.
Con un taxi (7 soles = 2 euro ca.) raggiungiamo Plaza de Armas, da dove iniziamo la ricerca di un hotel. Poco dopo troviamo l’hostal Sumay Wasi in calle San Francisco. Costerrebbe 70 soles = 20 euro ca. ma contrattando un po’ riesco a farmi fare uno sconto per più giorni: 50 soles (= 15 euro ca.) senza colazione o 60 soles (= 18 euro ca.) con. Siccome vorremmo fare il trekking di 3 giorni faremo un giorno con colazione e uno senza.
Lasciamo rapidamente le valigie in camera e facciamo un primo giro in zona per renderci conto di cosa offre la città. Entriamo in un paio di agenzie di viaggio per confrontare i vari prezzi e le opzioni dei trekking. Per cena mangiamo nel ristorante attiguo all’hotel, il Bistrot Colibrì: voto 6. Una passeggiata nel tentativo (fallito) di trovare un locale dove si possa ballare la salsa, due scatti in notturna alla Cattedrale in Plaza de Armas, un’arequipeña (birra peruviana) in un chiassoso pub e poi a letto.


2012 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati.
Cattedrale di Arequipa



4 maggio 2012
Il Convento di Catalina (Caterina da Siena) è aperto al pubblico dal 1970. L’ingresso costa 35 soles = 10,50 euro ca. e se si desidera si può noleggiare la guida parlante italiano al costo di 20 soles (consigliata, noi ne eravamo talmente entusiasti che abbiamo lasciato altri 10 soles di mancia). Questo museo è uno degli edifici più interessanti del Perù perché si tratta di un complesso religioso di 20.000 mq, una vera e propria città nella città. La guida spiega molto bene il percorso che s’intraprendeva quando si decideva per la vita di clausura: le novizie entravano in convento quando avevano 12 anni circa e vivevano in totale clausura fino a quando diventavano suore all'età di 18 anni. Provenivano da famiglie ricche che donavano al convento circa 2400 soles. Le suore potevano avere da 1 a 5 serve che vivevano con loro in convento, cucinavano e pulivano per loro. Dopo il Concilio Vaticano II si era stabilito che le serve potessero decidere se rimanere nel convento e prendere i voti o uscire dal convento ed essere libere. Ovviamente quasi tutte sceglievano di rimanere perché la vita in convento era sicuramente migliore di quella che avrebbero avuto al di fuori di lì. Con la riforma inoltre cessava la clausura, le suore mangiavano insieme e facevano vita comunitaria. Era peccato farsi ritrarre ancora in vita, per questo la maggior parte dei dipinti che si incontrano nel convento rappresentano suore con gli occhi chiusi. Eccezion fatta per una suora morta a 33 anni e ritrovata solo dopo alcuni giorni ancora con gli occhi aperti, in rigor mortis quindi non le si potevano più chiudere gli occhi. Altra eccezione fatta per un ritratto fatto alla madre badessa ancora in vita, ma lei era la “capa” e poteva fare quello che voleva.
Dedichiamo alla visita 1 ora con la guida e 1 ora da soli assaporando l’atmosfera mistica e perdendoci tra le strette calle (6 in totale). Sul finire della visita mi si rompe l’obiettivo della reflex e incontriamo Caroline e Sasha (ve le ricordate? Le nostre compagne di casa ad Amantani) e ci diamo appuntamento per le 13.30 per mangiare insieme. Pranziamo in un locale sito nella viuzza pedonale dietro la Cattedrale. Voto 6-. La compagnia è buona ma sono già le 15, ci congediamo dalle ragazze e andiamo in agenzia a prenotare il trekking di 3 giorni.  135 soles = 40 euro ca. tutto incluso (colazioni, pranzi, cene, alloggi, guida e trasporti) per 3 giorni e 2 notti.



2012 © Giovanna Puccia. Tutti i diritti riservati.
Convento di Santa Catalina, Arequipa.

Ci rimane ancora del tempo e andiamo al Museo Santuary dove si trova la mummia di Juanita, la principessa del ghiaccio. L’ingresso costa 20 soles, non si possono portare telecamere o apparecchi fotografici all’interno, fa molto freddo ed è buio per meglio conservare i reperti ritrovati, quindi portatevi una maglia. Non è possibile visitare il museo in autonomia quindi la visita è sempre e comunque guidata, alla fine puoi decidere se lasciare una mancia alla guida. Parlano quasi tutte le lingue. Il tour inizia con un filmato di 20 minuti circa che ricostruisce la storia di Juanita e del suo sacrificio: quando un nobile si ammalava, c’era un’epidemia, un terremoto o una qualsiasi catastrofe naturale gli inca credevano che gli dei si stessero arrabbiando con essi, così donavano loro in sacrificio i bambini più belli e intelligenti. Juanita fu una di essi. Le sue spoglie congelate sacrificate più di 500 anni fa furono ritrovate sulla vetta del Nevado Ampato. Oltre a lei furono rinvenuti i resti di altri bambini sulla ma non nello stesso luogo. La visita è interessante e lasciamo 20 soles di mancia alla nostra guida. Considerate che Juanita non è visibile da gennaio ad aprile ed al posto suo è esposta un’altra mummia.
Usciamo e andiamo a far spesa per domani, dobbiamo comprare soprattutto acqua. Una breve passeggiata per le vie affollate di Arequipa e ci ritroviamo per caso nella piazzetta del Convento di Santa Teresa dove 3 peruviani si improvvisano artisti di strada. Siamo gli unici stranieri e di conseguenza veniamo subito presi di mira per battute a noi sconosciute sugli italiani. Stanchi di farci prendere in giro da una popolazione che non consideriamo certo migliore della nostra e comunque non divertiti dal loro “talento artistico” ce ne andiamo. Sebastiano si ferma a mangiare al Ristorante El Turko 1 vicinissimo al nostro hotel. Dice che è buono.



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 Continua a leggere...il racconto di viaggio prosegue nel prossimo post!!



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